

Parlare di un’architetto portoghese contemporaneo è già incasellarlo in un linguaggio ben codificato.
Fin dagli anni ’70 l’architettura portoghese si è fatta spazio nel panorama architettonico contemporaneo grazie alla rivisitazione del movimento moderno attuata in prima istanza da Alvaro Siza. Assieme a lui altre personalità come Nuno Portas eGonçalo Byrne rileggeranno alcune istanze del Movimento Moderno per rendere un formalismo molto essenziale e minimale.
Tra queste esperienze si muove João Luís Carrilho da Graça nato nella regione portoghese dell’Ateleja così mirabilmente descritta da Saramago nel suo romanzo “una terra chiamata Atelejo”.
E l’attenzione al territorio, il rispetto della storia, il localismo raffinato che troviamo nello scrittore premio Nobel lo ritroviamo tutto in Luís Carrilho da Graça.
Le forme della sua architettura sono pure, si tende al silenzio, riecheggiano i silenzi di John Cage dal sapore avanguardistico. Le curve sono usate pochissimo se non con millimetrica precisione, e il disegno progettuale viene inserito nel territorio in modo da avere una duplice valenza: esaltare i segni storici e perduti, e riqualificare il sito. Si è parlato delle sue opere come “enigmi in silenziosa attesa”. Il nuovo (e che nuovo) convive con l’antico senza sopraffarlo, dialogando in un perfetto equilibrio semantico. Carrilho da Graça si genera dalle forme del Movimento Moderno privato del dogmatismo e dell’intento utopico per farne poesia di forme, i riferimenti sono il gruppo De Stjl e Mies, in cui il tema del muro non solo inscatola ma crea spazi e forme contemporanee. Come Palladio afferma Carrilho da Graça, che ha reinterpretato il classico per forme nuove, così lui reinterpreta i dettami del movimenti moderno soprattutto di Mies e di Terragni, privandoli dei loro valori ideologici.
Ripercorrendo i temi dell’abitare mediterraneo pochi sono gli spazi che usa il nostro architetto portoghese: il recinto, il basamento, il patio. Il recinto o il muro è astrazione estrema, segno bidimensionale che unisce, separa, chiude, chiude, inquadra, duplica , nega, solitamente poco bucato diviene schermo bianco, si può parlare di anti-prospetti che rivelano il loro rapporto stretto con l’ambiente circostante.
Il basamento, l’attacco al terreno è sempre funzionale, diventa una piazza o spazio pubblico, nella prima opera importante la Piscina comunale di campo Maior finita nel 1991, il basamento contiene l’incavo delle piscine. (fig. 1,2)

Fig. 1 Piscina comunale di campo Maior. Inserimento nel territorio

.Fig. 2 Piscina comunale di campo Maior. Piscina maggiore.
Il patio infine ha un riferimento storico ben preciso, la Certosa di Pavia e l’Alhambra, un limite all’ambiente esterno che permette il farsi di spazi e visuali complesse all’interno.
A queste tre forme archetipe si contrappongono tre modalità plastiche: la spirale, la sospensione della massa e lo sbalzo.
La spirale è “dove l’energia concentrata nell’oggetto pare volersi liberare” rampe connettono linee orizzontali a verticali in una lenta e meravigliosa “promenade architecturale”. L’esempio più calzante è il padiglione Delle Scienze marine all’Expo di Lisbona del 1989. (fig. 3).

Fig. 3 Padiglione delle Scienze Marine, Expo Lisbona 1989.
La sospensione della massa si trova esplicitata con molta forza poetica nel progetto per il Palazzo di Belèm a Lisbona, un lungo muro sospeso nell’aria qualifica e rigenera il paesaggio, supportato da uno specchio d’acqua antistante che ne amplifica l’atmosfera “surreale” di un muro non appoggiato a terra. (Fig. 4,5,6).

Fig. 4. Palazzo di Belem a Lisbona, prospetto

Fig. 5. Palazzo di Belem a Lisbona, prospetto

Fig. 6. Palazzo di Belem a Lisbona, particolare dello muro sospeso.
La prima opera che rende il nostro maestro noto è l’abbiamo già detto, la Piscina comunale di Campo Maior, costruita sopra una lieve collina e millimetricamente inserita nel paesaggio come una nave moderna, ha la pianta formata da due figure geometriche regolari lievemente disassate. In alzato costituisce una spirale sulla linea dell’orizzonte. Da dentro le inquadrature del paesaggio sono molto studiate, e i panorami vengono incorniciati con maestria. Quest’opera sembra fluttuare sulla collina, inserita nel contesto come una villa palladiana. Pochi e locali sono i materiali usati: il travertino, il marmo grigio, e la terracotta: alla diatriba high tech low tech “Coarrilho preferisce un uso critico dei materiali e dei sistemi tecnologici , la materia deve essere uno strumento all’interno di un’esperienza temporalmente e geograficamente collocata. La tecnologia non può mai essere un fine ma diviene un mezzo di espressione codificata”.
Ma l’opera che caratterizza il lavoro di Carrilho da Graça è sicuramente il centro di documentazione e informazione che sorge all’interno del palazzo presidenziale di Belem a Lisbona. L’architetto sfrutta un dislivello di quota per e realizza il giardino retrostante il Palazzo Rosa esistente. Tra due piattaforme inserisce l’edificio, che ha la forma di una “L”. Il dislivello è di circa 4,5 mt. E nella parte alta viene posto un giardino al di sopra della copertura dove si trova la grande vasca d’acqua di Dona Maria (fig. 7).

Fig. 7. Palazzo di Belem a Lisbona, Specchio d’acqua.
Ciò che balza subito agli occhi è la negazione della facciata a favore di un muro sospeso, lungo circa 60 metri. È uno schermo bianco che, liscio, astratto quasi fluttuante, inquadra a nord la città di Lisbona. All’interno è suddiviso in due livelli, al livello inferiore vi è la palestra, le docce gli spogliatoi, la guardia medica, al livello superiore il ristorante, nascosto dal muro sospeso e aperto su una serra di piante tropicali. Tutte le aperture sono rivolte a nord. Riportiamo le parole della relazione progettuale scritte da Carrilho da Graça, “ La proposta si iscrive nella matrice tipologica e morfologica dell’insieme dei giardini proponendo la creazione di una nuova piattaforma/terrazzo che simultaneamente contiene le istallazioni tecniche e livella due piattaforme; quella inferiore minerle e arborizzata; quella superiore vegetale e aperta verso il volume del palazzo”.
Un’altra opera molto significativa in cui il nostro maestro si confronta con il tema dell’architettura sacra è la Chiesa di S. Antonio a Porto Alegre, un tema non facile per un linguaggio scarno e minimale come il suo. L’esterno è molto silenzioso (fig. 8), e l’entrate è attraverso setti murari, una sorta di edificio a corte cui si accede al sagrato, con ai lati le funzioni del centro parrocchiale e in fondo la chiesa, quadrata semplice all’apparenza.

Fig. 8 Chiesa di Porto Alegre, esterno entrata.
Posizionato a ridosso della della roccia quarzifera diviene elemento visibile dietro l’altare, (Fig. 9, 10) e la luce diviene elemento misurato e sistema di effetti mistici.


Fig. 9 Chiesa Porto Alegre, retro altare.
Fig. 10 Chiesa Porto Alegre, retro altare.
Ancora dalle parole dell’architetto: “L’estrema semplicità degli spazi, del linguaggio architettonico e del disegno degli oggetti, ha come obbiettivo la creazione di uno spazio di libertà i cui protagonisti sono le persone e gli accadimenti. L’architettura deve mettere in scena il minimo ma nel modo più intenso”.
Ultima non ultima opera di Luis Carrilho da Graça è il recupero del sito archeologico al Castello di San Jorge sempre a Lisbona. Qui il rapporto con la storia e le preesistenze del sito sono interpretate in maniera molto originale. Si tratta di un’opera sul sito archeologico di Praca Nuova. Con una sottile parete di acciao corten il sito viene recintato accentuandone il carattere antico, questa parete accompagna i visitatori tra rampe e passaggi attraverso il sito. Un’escamotage realizzato per proteggere e riproporre le abitazioni antiche, si trova nelle pareti bianche “sospese” sopra le rovine delle antiche fondamenta di due case risalenti alla dominazione araba del XI secolo. (fig. 11,12).

Fig. 11 Museo archeologico di Praca Nuova, sistemazione esterna

.Fig. 12. Museo archeologico di Praca Nuova, Interno.
La copertura è in legno policarbonato e la sera una attento posizionamento delle luci “tagliano” il muro bianco dalle fondamenta antiche (fig. 13, 14).

Fig. 13 Museo archeologico di Praca Nuova, copertura

.Fig. 14 Museo archeologico di Praca Nuova, Luci.
Una soluzione che potrebbe essere molto discutibile per qualche sovrintendenza italiana soprattutto, ma che si rivela di grande effetto scenico, senza scadere nella spettacolarizzazione architettonica. È una interpretazione critica della storia il processo messo in atto da Carrilho da Graça che permette al presente di dialogare con il passato rinunciando alla “venerazione” dell’età trascorsa.
Bibliografia:
Roberta Albiero e Rita Simone, Joao Luis Carrilho da Graça opere e progetti, Electa 2003.
Federico Bucci, “Carrilho da Graça, Recupero del Sito Archeologico al Castello San Jorge Lisbona”, in Casabella n. 794, 2010
Graça Correia, “Carrilho da Graça, Chiesa e Centro Parrochiale, Porto Alegre” in Casabella n. 775, Marzo 2009
Gonçalo Byrne, “L’architettura di
Luis Carrilho da Graça” in Casabella n. 589, Aprile 1992.